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Un regista in cerca di autenticità
Barry Jenkins, il regista premiato con l’Oscar per Moonlight, ha recentemente condiviso le sue riflessioni riguardo alla sua esperienza con i film in live action, in particolare con Mufasa. Durante un’intervista a Vulture, ha espresso la sua frustrazione per le pressioni che ha dovuto affrontare, sottolineando come il mondo del live action non rispecchi la sua visione artistica. Jenkins ha affermato: “Non posso twittare sul Super Bowl senza che qualcuno mi ricordi che sto facendo questo cazzo di film”. Questa dichiarazione mette in luce la sua insofferenza verso un ambiente che sembra limitare la sua creatività.
La ricerca della chimica tra attori
Il regista ha chiarito che il suo desiderio è quello di tornare a lavorare con attori in carne e ossa, cercando la chimica necessaria per creare un’alchimia unica sul set. “Voglio ritornare a cercare la chimica per l’alchimia attraverso gli attori, la luce e l’ambiente” ha dichiarato, evidenziando la sua preferenza per un approccio più intimo e personale alla narrazione cinematografica. Jenkins ha anche menzionato come il suo stile di regia, caratterizzato da piani sequenza e scene lunghe, possa non essere compatibile con le aspettative delle grandi produzioni.
Le sfide delle produzioni major
La discussione si è poi spostata sulle sfide che i registi autoriali affrontano quando lavorano con le major di produzione. Jenkins ha notato che, sebbene Disney fosse preoccupata per la lentezza del suo film, non ha mai ostacolato le sue scelte artistiche. Questo porta a riflettere su come le pressioni economiche e il controllo creativo possano influenzare negativamente la libertà artistica. Altri registi, come Taika Waititi e Tim Burton, hanno vissuto esperienze simili, oscillando tra progetti commerciali e opere più personali. La domanda che sorge è se questa dinamica possa portare a una diminuzione della creatività nel cinema contemporaneo.