Blood story e la seduzione del vampiro: un’analisi profonda

Un'analisi del remake americano di Blood story e delle sue differenze con l'originale svedese.

Il contesto cinematografico di Blood story

Il film Blood story, diretto da Matt Reeves, è un remake del celebre film svedese Lasciami entrare. Uscito nel 2010, ha suscitato dibattiti accesi tra critici e appassionati di cinema. Molti hanno etichettato il film come un prodotto superficiale, privo di originalità, frutto di un’industria cinematografica in crisi creativa. Tuttavia, un’analisi più attenta rivela che il remake offre una prospettiva diversa, arricchendo la narrazione con nuove sfumature e temi. La tendenza ai remake, infatti, non è solo un tentativo di replicare il successo, ma rappresenta anche un dialogo tra culture cinematografiche diverse.

Le differenze tra i due film

Seppur Blood story segua una trama simile a quella di Lasciami entrare, le differenze sono significative. La figura della giovane vampira, Abbey, interpretata da Chloe Moretz, è caratterizzata da una sensualità inquietante, che non si riscontra nell’originale. Mentre Eli, nel film svedese, è una figura più innocente e tragica, Abbey incarna una seduzione perversa, che si riflette nelle dinamiche relazionali con il protagonista Owen. Questa trasformazione della figura femminile vampirica introduce una nuova dimensione al racconto, spostando l’attenzione dalla semplice amicizia a una complessa interazione di potere e desiderio.

Temi di seduzione e oscurità

Il film americano non si limita a raccontare una storia d’amore tra due adolescenti, ma esplora anche temi più oscuri legati alla seduzione e alla manipolazione. La relazione tra Owen e Abbey è intrisa di ambiguità morale, dove il confine tra bene e male diventa sfocato. Owen, un ragazzo segnato dalla solitudine e dalla violenza domestica, si trova attratto dalla natura mostruosa di Abbey, che rappresenta una fuga dalla sua realtà opprimente. Questa attrazione per il ‘male’ è un elemento centrale del film, suggerendo che la vera mostruosità non risiede solo nel vampirismo, ma anche nelle relazioni disfunzionali e nei traumi psicologici.

Conclusioni sul remake

In definitiva, Blood story si presenta come un’opera complessa e disturbante, capace di andare oltre la semplice riproposizione dell’originale. La pellicola di Reeves, pur mantenendo alcune similitudini, introduce una lettura più profonda e inquietante della storia, trasformando il racconto di amicizia infantile in una riflessione sulla seduzione e sull’oscurità insita nell’animo umano. La figura del vampiro, quindi, diventa una metafora potente per esplorare le dinamiche relazionali e le scelte morali, rendendo il film un’opera da non sottovalutare.

Condividi