Cenere: recensione del film turco che sta spopolando su Netflix

"Cenere" è una sorgente inesauribile di inviti: inviti a pensare, a dubitare e a emozionarsi. La nostra recensione del film che sul Netflix non si sta perdendo proprio nessuno

Disponibile sui vasti, se non proprio illimitati, scaffali del Net(flix), il lungometraggio diretto da Erdem Tepegöz e sceneggiato da Erdi Isik ha subito stuzzicato la curiosità del pubblico, infinite mani lo hanno afferrato, innumerevoli paia di occhi vi hanno indugiato.

“Cenere”: la fitta trama del film turco “successone” di Netflix

L’opera narra la vicenda di Gökçe, una donna soltanto in apparenza contenta del proprio matrimonio, ma la cui psiche tormentata in realtà non trova pace. La lettura di un misterioso libro dal titolo “Cenere” la spinge tuttavia a rimettere in discussione la sua esistenza nella sua interezza, finendo per spingerla inesorabilmente tra le braccia esperte del carpentiere Metin Ali.

Ben presto, lo spettatore si accorge di un fatto assai curioso: il racconto che pagina dopo pagina si dispiega nel libro e che da esso emana si intreccia in maniera via via più evidente con la realtà descritta nel film, creando infine una tensione in Gökçe tale da farle temere per la sua stessa vita (tragica e imprevista, infatti, è la morte della protagonista dell’opera letteraria).

“Cenere”: un finale tutto da rivedere e ri-pensare

Un finale imprevisto, nient’affatto cinereo, ma piuttosto destinato ai futuri fasti e ai venturi fulgori propri della fenice, quello che chiude, ammesso che di chiusura si possa parlare, il cerchio del film turco “Cenere”.

Una sconvolgente sequenza di immagini, suoni ed emozioni anticipa i titoli di coda, quella in cui – spoilerì spoilerà – Metin Ali uccide Kenan, il coniuge tradito, e a questo punto lo spettatore viene investito da un’onda di ambiguità.

Si scopre infatti che il libro “Cenere” è opera di Taner Alpar, un amico di Kenan, il quale potrebbe addirittura (!) aver tratto ispirazione dalla crisi coniugale per confezionare la sua trama. Questa rivelazione capovolge totalmente le dinamiche dell’intreccio, gettando il pubblico in uno sconforto amletico, in un abisso di dubbi iperbolici, di contraddizioni che si vuole sciogliere quanto prima e che ciò nonostante si oppongono al lavorio incessante delle nostre menti: si tratta di una mera fabbricazione dell’autore o, invece, di un resoconto della vita reale di Gökçe e Kenan? La scena conclusiva, con Gökçe che contempla i treni in stazione, proietta incertezza sul futuro del matrimonio di Gökçe e Kenan, stimolando una riflessione sulle dinamiche affettive umane e sul concetto di verità.

“Cenere”, la nostra recensione

“Cenere” è un affascinante percorso tra finzione e realtà. Ricorda insieme quanto accade all’interno della caverna platonica e quanto invece si verifica al di fuori di essa. La fiamma, che si farà quindi inevitabilmente cenere, prima illumina la parete dell’inganno, della favola (che è anche favilla, fiamma), quella dinnanzi alla quale giacciono i poveri prigionieri, ma anche noi, da casa, gli ignari spettatori, e poi, in un secondo momento, spegnendosi e facendosi appunto cenere, ci invita a lasciare i nostri antri cavernosi, a risvegliarci dai tepori e dai torpori con cui il Net (flix) ci ha stretti a sé e a questionare quel finale così ambiguo, a guardare con occhio (finalmente) pensante quel sempiterno e mai spento schermo – un tempo era il Sole del Bene, ma tant’è.

L’impressionante miscela con cui il regista accomuna la realtà alla finzione dà vita a un senso anomalo del tempo, è infatti il tempo stesso a incoraggiare le azioni dei personaggi, e mai viceversa. Gökçe rivela inoltre la sua ispirazione proustiana proprio attraverso le pagine di quel libro – sempre presente, sceneggiatura affatto muta del destino, degli eventi del film – facendo divenire il ricordo una risorsa potentissima. Accade ciò che accade, ma in fondo, bastava leggere, ciò che accade è già accaduto, e non poteva che accadere altrimenti. Galeotto – e previdente – fu ed è il libro (e chi lo scrisse).

Il libero arbitrio, in questo modo, viene messo in questione, se non addirittura escluso in via definitiva. È il libro che comanda l’avvenire, che traccia e ha sempre già tracciato le linee entro le quali i protagonisti incederanno, la direzione che prenderanno e gli ostacoli in cui si imbatteranno – o viceversa?

E viceversa, anche, perché in fondo anche ai personaggi è dato di credere, di sperare, di dubitare. Finzione e realtà, si era detto. Necessità e illusione, va anche aggiunto.

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