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Un viaggio nel tempo con il cinema
Il cinema ha la straordinaria capacità di trasportarci in mondi lontani, di farci vivere emozioni intense e di farci riflettere su temi profondi. Recentemente, tre cortometraggi presentati al festival Laceno d’Oro di Avellino hanno catturato l’attenzione per la loro abilità di mescolare realtà e finzione, creando un’esperienza visiva unica. Queste opere non solo raccontano storie, ma invitano anche lo spettatore a diventare parte di esse, a riflettere sulla propria esistenza e sul significato del ‘Nessuno’.
Il mio nome è nessuno: una poesia visiva
Il primo cortometraggio, Il mio nome è nessuno, diretto da Giovanni Cioni, si ispira alla figura mitologica di Ulisse e alla sua famosa frase rivolta a Polifemo. Questo lavoro è il risultato di un laboratorio che ha coinvolto storie di emarginati, i ‘Nessuno’ della società. Attraverso una serie di immagini, registrazioni e filmati di repertorio, il regista riesce a creare una narrazione poetica che trascende il tempo e lo spazio. Ogni fotogramma è carico di significato, portando lo spettatore a riflettere sulla condizione umana e sull’importanza di dare voce a chi spesso rimane in silenzio.
Cianuro: ricordi di un passato musicale
Il secondo cortometraggio, Cianuro, diretto da Eleonora Mastropietro, ci riporta negli anni ’70 in una Basilicata rurale, dove un gruppo di giovani sogna di fare musica rock progressivo. Questo film non solo racconta la storia del gruppo, ma esplora anche il contrasto tra il passato e il presente. I volti invecchiati dei protagonisti, che riscoprono i loro strumenti, evocano una nostalgia palpabile. La regista utilizza sapientemente video di repertorio per creare un dialogo tra il cambiamento e la stasi, rendendo il cortometraggio un’esperienza visiva e emotiva che invita alla riflessione sulla propria identità e sulle aspirazioni di una generazione.
Figli di nessuno: riscoprire il passato
Infine, Figli di nessuno è un’opera collettiva che si concentra su frammenti di un film di propaganda del 1927. Attraverso un montaggio lento e riflessivo, i registi portano alla luce momenti dimenticati, invitando lo spettatore a considerare le storie di chi è rimasto escluso dalla narrazione ufficiale. Questo cortometraggio non solo esplora la memoria storica, ma offre anche una critica sociale, evidenziando come certi meccanismi tendano a ripetersi nel tempo. La scelta di accompagnare le immagini con testi tratti da Calabria grande e amara di Leonida Repaci arricchisce ulteriormente la narrazione, rendendo l’esperienza ancora più profonda.