Il regista francese esplora il legame tra memoria e cinema in un incontro emozionante.
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Il festival Laceno d’Oro ha ospitato il regista francese Arnaud Desplechin, che ha ricevuto il prestigioso Premio alla Carriera. Durante l’incontro con il pubblico, Desplechin ha condiviso le sue esperienze e riflessioni sul cinema, un’arte che per lui è intrinsecamente legata alla memoria. “Quando si ricorda un incontro d’amore, si ricordano i dettagli: dove si era, cosa si mangiava, le emozioni provate. Così è il cinema per me”, ha affermato il regista, sottolineando come ogni film sia un pezzo di vita, un ricordo da custodire.
Desplechin ha anche affrontato il tema dell’evoluzione del cinema nell’era digitale, esprimendo preoccupazioni riguardo all’uso eccessivo delle immagini generate al computer. “Non sono favorevole a questo approccio, poiché altera l’ontologia del cinema”, ha dichiarato. Il regista ha citato il film “Prometheus” di Ridley Scott, criticando la rianimazione digitale di un personaggio, considerandola un esempio di come la tecnologia possa compromettere l’autenticità del racconto cinematografico. La sua visione è chiara: il cinema deve rimanere un’esperienza umana, non un prodotto artificiale.
Parlando del futuro del cinema, Desplechin ha espresso ottimismo nei confronti della nuova generazione di cineasti, che sembra riscoprire l’importanza delle storie. “Oggi, grazie alla tecnologia, è più facile avvicinarsi alla realtà e raccontarla”, ha affermato, citando il film “Titane” di Julie Ducournau come esempio di libertà creativa. La regista, pur non seguendo sempre le convenzioni, ha dimostrato che l’ostinazione e la passione possono portare a risultati straordinari. Desplechin ha sottolineato l’importanza di apprendere dai giovani talenti, riconoscendo che il cinema è in continua evoluzione.
Nel suo ultimo film, “Spectateurs!”, Desplechin ha voluto rendere omaggio a numerosi film e autori che hanno segnato la storia del cinema. Tuttavia, ha notato con rammarico l’assenza di alcuni dei suoi film preferiti, come quelli di Nanni Moretti e il cinema giapponese. “Penso sempre a Bertolucci e a come il suo lavoro abbia influenzato la mia visione del cinema”, ha detto, evidenziando l’importanza delle influenze culturali nel suo percorso artistico. La sua ammirazione per Francis Ford Coppola è palpabile, descrivendo l’ultimo film del regista americano, “Megalopolis”, come un’esperienza che ha toccato profondamente il suo cuore.
Infine, Desplechin ha riflettuto sul potere guaritore del cinema. “Un film può aiutare a guarire, affrontando paure e traumi”, ha spiegato. La sua personale storia, segnata dal desiderio di diventare regista contro il volere del padre, ha influenzato profondamente il suo approccio alla narrazione. “Cerco di recuperare attraverso i film ciò che non ho potuto realizzare nella vita”, ha concluso, lasciando il pubblico con una profonda riflessione sull’importanza del cinema come mezzo di espressione e guarigione.