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La ricerca di identità attraverso la storia
Il documentario di Constanze Ruhm, presentato alla 46ª edizione dell’Efebo d’Oro, si propone di esplorare il significato di “fare storia” attraverso una lente femminile. La narrazione si sviluppa attorno agli ultimi lavori di Carla Lonzi, attivista femminista e pioniera del movimento, che ha dato voce a molte donne nel corso della sua vita. Lonzi, insieme ad altre figure come Carla Accardi ed Elvira Banotti, ha fondato nel 1970 il gruppo Rivolta Femminile, portando avanti una lotta per la dignità e il riconoscimento del ruolo delle donne nella società.
Le Preziose e la frammentazione identitaria
Ruhm si concentra su un gruppo di protofemministe del XVII secolo, denominate “Le Preziose”, utilizzando il loro esempio per riflettere sulla condizione femminile contemporanea. La narrazione si articola in una serie di micro-racconti che si intrecciano, creando un mosaico di esperienze e voci. La scelta di utilizzare un linguaggio visivo che alterna dissolvenze e sovrapposizioni rappresenta simbolicamente la frammentazione dell’identità femminile, simile a uno specchio rotto che riflette molteplici volti e storie.
Un viaggio nel tempo e nella memoria
La musica minimalista e le immagini evocative accompagnano lo spettatore in un viaggio che attraversa secoli di storia. Attraverso l’inserimento di materiali di fantasia e documentari, Ruhm riesce a creare un dialogo tra passato e presente, evidenziando come la violenza contro le donne sia un tema ricorrente nel tempo. Le immagini in bianco e nero, insieme ai necrologi e ai trafiletti di giornale, raccontano una storia di femminicidi che continua a colpire la società moderna.
La voce narrante come guida
La voce di Constanze Ruhm funge da guida in questo percorso, che si allarga e si restringe come una pupilla al variare della luce. La narrazione diventa un atto di resistenza, un modo per dare visibilità a storie spesso dimenticate. Le figure di Artemisia Gentileschi, Maria Grazia Chinese e Susane Santoro emergono come simboli di una lotta che continua, mentre il documentario si trasforma in un’opera d’arte contemporanea che invita alla riflessione.
Un anti-documentario che sfida le convenzioni
“Armande sono io” non è solo un omaggio a Carla Lonzi, ma un viaggio nell’inconscio collettivo femminile. La grammatica della video arte viene utilizzata per suggerire la dissoluzione dell’identità femminile, creando un loop visivo che assorbe e filtra il materiale di archivio. La narrazione si aggroviglia in un vortice di storie, invitando lo spettatore a riflettere sulla complessità dell’esperienza femminile e sull’importanza di dare voce a queste storie.