Italo Calvino nelle città: un viaggio tra cinema e letteratura

Un'analisi del docu-film che unisce diverse forme artistiche per celebrare Calvino.

Un’opera che sfida le convenzioni

Il docu-film “Italo Calvino nelle città”, diretto da Davide Ferrario e Marco Belpoliti, rappresenta un tentativo audace di esplorare l’universo complesso di uno dei più grandi scrittori italiani del XX secolo. Con una struttura a incastro che mescola elementi di cinema, teatro, podcast e audiolibro, il film si propone di catturare l’inafferrabilità dell’autore, rendendo omaggio alla sua opera attraverso un linguaggio visivo e narrativo innovativo.

Un collage di esperienze artistiche

All’interno del film, si possono trovare sequenze che richiamano la serie televisiva “Marcovaldo”, con Nanni Loy, dove il protagonista, un magazziniere, si confronta con scatoloni etichettati come “Fragile”. Questa scena non è solo un richiamo al lavoro quotidiano, ma diventa anche una metafora della fragilità dell’esistenza e della creatività. I registi, attraverso questo collage, si pongono come alter ego dell’operaio calviniano, cercando di raccontare l’opera di Calvino con la stessa passione e dedizione che l’autore ha messo nei suoi scritti.

Un viaggio tra le meraviglie di Calvino

Il film non si limita a presentare la vita e le opere di Calvino, ma invita lo spettatore a intraprendere un viaggio attraverso le sue “sette o settantasette meraviglie”. Ogni meraviglia rappresenta un aspetto della sua filosofia e del suo modo di vedere il mondo. Attraverso le risposte che Calvino ha dato e continua a dare alle domande esistenziali, il docu-film riesce a trasmettere un messaggio profondo: l’importanza di essere presenti e consapevoli nel mondo che ci circonda. La regia di Ferrario e Belpoliti riesce a mantenere un equilibrio tra il rispetto per l’opera originale e l’innovazione artistica, creando un’esperienza coinvolgente e riflessiva.

Condividi