Il film “La città delle donne” è la riflessione finale di Federico Fellini sull’universo femminile. Con protagonista l’immortale Marcello Mastroianni, il film del 1980 apre l’ultima parte di carriera dell’idolatrato regista, nato a Rimini e poi cresciuto nella Roma de La dolce vita. Il film dipinge in modo magistrale l’incubo di un uomo vizioso e godereccio, che viene giudicato colpevole da un congresso di impietose femministe.
La città della donne di Fellini: recensione
La città delle donne è uscito nel 1980 ma riesce ancora a essere attuale. Ci sono i temi dell’eterna lotta fra donna e uomo, così come la riflessione su una sessualità dai complessi freudiani sullo sfondo di una realtà socio-politica sempre più irrequieta. Per esempio, il tema del femminicidio che da anni intasa i canali di informazioni delle reti nazionali. Nel La città delle donne, Fellini usa il suo storico alter ego, un crepuscolare ma sempre affascinante Mastroianni, facendolo vagare con espressione sperduta e nostalgica, sotto il giogo di donne sfrontate, bellissime e senza pietà.
Alla berlina finisce il simbolo che Mastroianni rappresenta: l’uomo italiano infantile, vizioso e godereccio, quello che usa la donna come schermo per le proprie insicurezze, un bambino che cerca nella moglie una nuova mamma. Non è certo un caso che il film sia stato girato negli anni 80′, decennio caldo sull’argomento, ma la lungimiranza del maestro è stata nel trattare la scottante questione con il suo marchio di fabbrica, ovvero il viaggio onirico nei sogni e nelle ossessioni di ogni essere umano.
Tra situazioni surreali e sessualità ostentata, il finale è il punto più emblematico del film: condannato per le sue scelte, Mastroianni riesce a irretire le donne giudicanti e, grazie a un discorso lusinghiero, ribalta il verdetto che lo aveva condannato. Improvvisamente si rompe l’incantesimo e l’uomo si sveglia ritrovandosi sul treno, come nella scena iniziale, seduto di fronte alla moglie. Ma adesso sul viso dell’uomo non compaiono più desiderio o paura. Solo una serena indifferenza.
Perché è consigliato
Anche se il film non è la summa del cinema Felliniano, distante dal periodo neorealista de Lo sceicco bianco e dallo sfarzo di 8 1/2 e La dolce vita, La città delle donne ha un valore eccelso solamente per la messa in scena crepuscolare del regista italiano più amato del mondo.
Il sodalizio Fellini-Mastroianni ammalia lo spettatore e lo trascina in questo nostalgico incubo a occhi aperti, dove qualunque maschio adulto potrà riconoscersi, in un modo o nell’altro. Uno spaccato che sfortunatamente rappresenta ancora uno dei punti più emblematici del cinema italiano dal 1980 ad oggi. Quindi, se vi dovesse capitare, non perdete l’occasione di recuperare La città delle donne.