L’arte di filmare: riflessioni di Carlo Michele Schirinzi

Un viaggio nel pensiero del regista Carlo Michele Schirinzi durante Docusfera 2024

Il significato di filmare

Durante l’incontro tenutosi il 16 novembre presso Sentieri Selvaggi, il regista Carlo Michele Schirinzi ha condiviso le sue profonde riflessioni sul significato di filmare. Per lui, il processo di creazione cinematografica è un atto di martirio, un modo per testimoniare e trasformarsi. Schirinzi ha affermato che filmare implica spogliarsi delle proprie conoscenze e preconcetti, abbracciando un cambiamento radicale. Questa visione, intrisa di introspezione, invita a considerare il cinema non solo come un mezzo di intrattenimento, ma come un’esperienza che richiede un coinvolgimento emotivo e intellettuale profondo.

Il potere dell’immagine

Schirinzi ha descritto il suo ultimo lavoro, “Wundermediterraneakammer”, come un’azione sadomasochistica, un’esperienza che invita lo spettatore a denudarsi, a liberarsi da preconcetti e a immergersi completamente nell’opera. L’immagine, secondo il regista, è un’entità sacra, capace di evocare emozioni e riflessioni. Attraverso la sua arte, Schirinzi cerca di mediare con il pubblico, creando un dialogo che va oltre la semplice visione. La sua affermazione che “la storia cede sodomizzata dalla geografia” sottolinea l’importanza del contesto geografico e corporeo nella comprensione delle dinamiche contemporanee.

Riflessioni sulla sacralità dell’immagine

Il regista ha anche affrontato il tema della sacralità dell’immagine, citando Antonin Artaud e la necessità di avvicinarsi al cinema con la stessa serietà con cui si affronta una visita dal dentista. Questa analogia mette in evidenza l’importanza di un’esperienza cinematografica consapevole, in cui ogni fotogramma è curato con attenzione maniacale. Schirinzi ha richiamato alla memoria le opere di Leni Riefenstahl, evidenziando come le immagini possano avere un impatto profondo e duraturo sulla società, specialmente in contesti storici complessi come il nazismo. La sua riflessione sui corpi politici e sulla memoria storica invita a considerare il cinema come un mezzo per esplorare e comprendere il passato, ma anche come un modo per affrontare le sfide del presente.

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