Un racconto toccante che esplora il trauma e la perdita attraverso gli occhi di una bambina
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Il film “When the Phone Rang” della regista Iva Radivojević si apre con una telefonata che segna un punto di non ritorno nella vita di Lana, una bambina di undici anni. La notizia della morte del nonno, comunicata in modo freddo e distante, scatena in lei una serie di ricordi e sensazioni che la catapultano in un viaggio emotivo profondo e complesso. La Jugoslavia, un paese che non esiste più, diventa il contesto di una narrazione che esplora il trauma della guerra e la perdita dell’identità.
Radivojević, con una scelta stilistica audace, decide di mantenere il contesto socio-politico sullo sfondo, permettendo così allo spettatore di immergersi nella psicologia della giovane protagonista. Lana vive in un mondo in cui le tensioni etniche e le guerre fratricide sono solo un’eco lontana, percepita attraverso il filtro della sua innocenza. La regista riesce a trasmettere la fragilità dell’infanzia in un periodo di instabilità, mostrando come la guerra possa distruggere non solo le vite, ma anche i ricordi e le certezze di una giovane mente.
La narrazione si sviluppa attraverso una serie di flashback che rivelano momenti significativi della vita di Lana, dai piccoli eventi quotidiani a esperienze più profonde e traumatiche. Ogni ricordo è una scheggia di un passato che si frantuma, creando un mosaico di emozioni che riflettono la confusione e il dolore della perdita. La regista utilizza un formato 4:3 e una pellicola 16mm per dare al film un aspetto nostalgico, quasi come se fosse un vecchio filmato amatoriale, che invita lo spettatore a riflettere sulle conseguenze di un trauma collettivo.
La storia di Lana non è solo personale, ma si intreccia con quella di un’intera generazione che ha vissuto il disfacimento della Jugoslavia. La sua ricerca di identità e di significato diventa un riflesso dello sradicamento di un popolo, costretto a confrontarsi con le proprie radici e con un passato doloroso. La regista non fornisce risposte facili, ma lascia che il pubblico si confronti con le domande più profonde sulla memoria, l’identità e il dolore. La telefonata che segna l’inizio di tutto diventa un simbolo di un trauma che continua a risuonare, richiamando l’attenzione su come il passato possa influenzare il presente e il futuro.