Roma distopica: il potere oscuro di Wanted

Un'analisi della distopia illiberale nel film Wanted di Fabrizio Ferraro

Un nuovo ordine a Roma

In un futuro non troppo lontano, Roma è diventata il palcoscenico di un nuovo ordine instaurato da un’organizzazione segreta. Questo contesto inquietante fa da sfondo alla storia di tre donne, il cui destino si intreccia in un racconto avvolto nel mistero. Il film Wanted, diretto da Fabrizio Ferraro, ci porta in una città desolata, dove la paura e la paranoia regnano sovrane.

Interrogatori e resistenza

La trama si sviluppa attorno a Denise Tantucci, una giovane donna catturata e interrogata sotto una lampada, evocando le atmosfere dei classici polizieschi. In questo clima di tensione, la ragazza rappresenta la resistenza contro un apparato repressivo che ha svuotato la città di ogni presenza umana. Le sue istruzioni, ripetute come un mantra, offrono un barlume di speranza: negare, fuggire, individuare il punto debole del nemico.

Simbolismo e metafore

Ferraro utilizza la città di Roma come un palcoscenico per esplorare temi di potere e corruzione. Luoghi iconici, come Cinecittà, diventano centri di detenzione, mentre squadre d’assalto irrompono nelle strade in cerca di sospettati. La narrazione è intrisa di simbolismo, dove ogni scena è un pezzo di un puzzle più grande, che riflette una società in preda al caos e alla repressione.

Un’atmosfera inquietante

L’atmosfera del film è caratterizzata da un clima rarefatto e inquietante, dove il buio e l’angoscia si manifestano attraverso rumori e passi. Tuttavia, alcuni dialoghi risultano ripetitivi e poco incisivi, limitando l’impatto emotivo della storia. La mancanza di una struttura visiva più precisa fa sì che alcuni aspetti rimangano poco chiari, rendendo difficile comprendere appieno lo stato d’animo dei personaggi.

Un progetto audace

Nonostante le sue imperfezioni, Wanted si distingue nel panorama cinematografico italiano per il suo coraggio di affrontare temi complessi e per la sua visione quasi fantascientifica. Ferraro abbandona la retorica facile, optando per un linguaggio visivo che ricorda i fumetti, rendendo omaggio a grandi autori come Philip K. Dick. La sua opera è un invito a riflettere su un futuro che potrebbe non essere così lontano.

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