Il 26 giugno 2020 Paul Thomas Anderson compie 50 anni. Regista superlativo e tormentato, Anderson è uno dei cineasti più importanti del cinema mondiale.
Come Stanley Kubric, uno dei suoi punti di riferimento, Anderson è solito prendersi diverso tempo tra un film e l’altro e lo dimostra la sua filmografia con 8 film in 24 anni. Un’attesa che vale la pena, visto che ogni suo film è un gioiello di inestimabile valore.
La filmografia del regista e la maledizione degli Oscar
I film di Paul Thomas Anderson hanno ottenuto in totale 200 nomination e 50 premi in tutto il mondo, ma gli Oscar sono sempre stati la sua maledizione. Sulle oltre venti candidature ricevute per suoi film, sono state ritirate solo tre statuette, una per Il filo nascosto, e le altre due per Il petroliere. Però a essere premiati sono stati il costumista, l’attore principale e il direttore della fotografia e mai il regista stesso.
Andersen esordisce nel 1996 con il film Sydney. La sua opera prima è di alto livello ed è interpretata da attori che diventeranno delle star mondiali come Gwyneth Paltrow, John C. Reilly e soprattutto l’eccezionale Philip Seymour Hoffman, scomparso prematuramente nel febbraio 2014. Nonostante l’indubbia qualità del film, Anderson paga lo scotto dell’ inesperienza e per questo Sidney non ottiene il successo internazionale.
Ma già nei successivi due film, Boogie Nights – L’altra Hollywood e Magnolia, il regista aggiusta il tiro e si affina strappando applausi, nomination e consensi. Per Boogie Nights riceve decine di nomination a moltissimi i festival mondiali, tranne ovviamente nessun premio Oscar. Destino simile per Magnolia, che però ottiene L’orso d’oro di Berlino.
Con Ubriaco d’amore del 2002, Anderson ritorna ad una storia più intimista e meno sensazionalistica, dove indaga sulla solitudine e il disperato bisogno di affetto di un impiegatuccio di provincia. Ovviamente il film passa in sordina e viene dimenticato ingiustamente nonostante venga premiato come miglior regista al Festival di Cannes di quell’anno.
Ma cinque anni dopo Anderson ritorna a far parlare di sé con quello che viene considerato il suo capolavoro: Il petroliere del 2007, dove fa vincere il secondo Oscar a Daniel Day Lewis come miglior attore protagonista e il primo al direttore della fotografia Robert Elswitt per la miglior fotografia. Anderson rimane a bocca asciutta in America e si prende la sua rivincita al Festival di Berlino con l’Orso d’argento per la miglior regia.
Il film successivo del 2012 è il magniloquente The Master, dove Anderson fa brillare attori del calibro di Joaquin Phoenix, Phillip Seymour Hoffman e Amy Adams, che ricevono la candidatura agli Oscar 2013 senza vincere niente. Però Il regista si consola con un altro riconoscimento europeo, il Leone d’argento per la regia al Festival di Venezia.
Nelle ultime due opere il regista abbandona il racconto epico delle grandi personalità americane e ritorna alla sua vena più intimista e malinconica con Vizio di forma del 2014 e Il filo nascosto del 2017 dove, oltre le solite nomination per i premi principali, mai portati a casa, fa vincere a Mark Bridges per i migliori costumi agli Oscar 2018.
La vita e la personalità di Paul Thomas Anderson
I capolavori del regista americano trasmettono un mix di emozioni che vanno dalla malinconia al dolore lacerante, passando per l’ambizione smisurata tipicamente americana. Raramente i suoi film raccontano storie felici e questo potrebbe indurci a pensare che Paul Thomas Anderson, anche se ammirato dai suoi fan, sia una persona sola e tormentata. In realtà la vita del regista è piena di affetti e nelle interviste non fa trasparire alcun problema.
Sposatosi la prima volta con Fiona Apple, cantautrice e pianista americana da cui ha divorziato negli anni ’90, si è legato dal 2001 con l’attrice comica Maya Rudolph con cui vive felicemente a San Fernando Valley insieme ai loro quattro figli.