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Il settimo capitolo della saga di Transformers, in sala dal 7 giugno, cerca di risollevare il franchise, proponendo un prodotto dinamico ma pressoché vuoto.
Transformers – il risveglio: la trama
Il sequel di Bumblebee (Travis Knight, 2018), nonché secondo prequel di Transformers, è ambientato negli anni Novanta. L’ex soldato Noah Diaz (Anthony Ramos) non riesce a trovare lavoro, ma ha disperatamente bisogno di soldi per pagare le spese mediche del fratellino malato. Nel tentativo di procurarsi del denaro, il ragazzo si imbatte in Mirage e scopre quindi l’esistenza degli Autobot e dell’imminente minaccia dalla quale dovranno proteggere il pianeta. Noah viene coinvolto in una pericolosa missione, insieme ad una giovane e talentuosa archeologa di nome Elena (Dominique Fishback), che si ritrova per sbaglio in possesso di un artefatto nascosto dai Maximal sulla Terra. Questi robot dalla forma animale cercano di tenere al sicuro il dispositivo dai tirapiedi di Unicron, uno spietato mangia-pianeti. Il ritrovamento dell’artefatto darà il via ad una dura battaglia fra i Terrorcon e gli Autobot, alleati con i Maximal.
Una sceneggiatura pigra
Il film, diretto da Steven Caple Jr. e prodotto da Michael Bay, è ispirato alla celebre serie animata Beast Wars (Biocombat in Italia), una delle più amate dai fan della saga.
Il principale problema di Transformers: il risveglio, tuttavia, è la mancanza di idee. Si parla del classico blockbuster con una sceneggiatura da manuale, che non eccelle né nel divertire né nell’emozionare il pubblico.
La trama è abbastanza anonima, non ci sono grandi colpi di scena e le caratterizzazioni dei personaggi sono solamente accennate: non sono propriamente delle macchiette, ma comunque i protagonisti non risultano sviluppati a dovere.
Il ritmo della narrazione, in ogni caso, non rende la visione noiosa e la scelta della musica risolleva il tono del film. La decisione di inserire brani hip hop anni ‘90 riesce, infatti, a contestualizzare meglio l’ambientazione della storia, altrimenti solo abbozzata a livello visivo e narrativo.
Insomma, un film con una sceneggiatura pigra, che non lascia veramente nulla allo spettatore.
Un action dinamico
Le sequenze d’azione rimangono il punto di forza del nuovo capitolo della saga Hasbro. Gli effetti visivi per questo settimo film di Transformers sono stati curati dalla Moving Picture Company e la Weta FX, che hanno sostituito la Industrial Light and Magic, la quale aveva curato tutti i precedenti capitoli.
Il livello di espressività dei robot è impressionante e le scene di combattimento sono ben orchestrate: certamente è un film che si basa in maniera importante sugli effetti speciali. Tuttavia, anche se si tratta di un blockbuster action, questo non significa che si possa trascurare la parte di scrittura. Per questo le fondamenta di Transformers: il risveglio vacillano, nonostante la componente visiva sia estremamente curata.
La saga continua
Il nuovo capitolo della saga di Transformers risulta, quindi, un film dinamico ma vuoto, con sequenze che strizzano l’occhio a Indiana Jones e scene action più classiche alla Michael Bay. Al di fuori di questo, tuttavia, manca di una base solida, a causa di una sceneggiatura stanca e monotona.
Il finale del film promette un sequel, che potrebbe introdurre ad un crossover con un’altra saga Hasbro: che sia l’inizio dell’Hasbroverse?