Valerio Mastandrea: un viaggio tra cinema e emozioni al Laceno d’oro

Un dialogo profondo sull'arte della regia e l'importanza delle emozioni nel cinema

Un incontro speciale al Laceno d’oro

Il festival Laceno d’oro ha avuto l’onore di ospitare Valerio Mastandrea, attore e regista di grande talento, in un incontro che ha catturato l’attenzione del pubblico. Durante la chiacchierata, Mastandrea ha ripercorso la sua carriera, parlando delle sue collaborazioni con registi iconici come Claudio Caligari e Marco Bellocchio. La conversazione ha preso avvio dal documentario dedicato a Caligari, Se c’è un aldilà sono fottuto, un’opera che ha segnato profondamente il percorso artistico di Mastandrea.

Le lezioni di Caligari e l’approccio alla regia

Quando gli è stato chiesto cosa avesse appreso da Caligari, Mastandrea ha risposto con sincerità: “Credo molto poco, perché il mio approccio è stato molto da autodidatta”. Tuttavia, ha riconosciuto l’importanza del rigore nella scena, sottolineando che il significato di un film deve sempre prevalere sulla bravura degli attori. “Un film deve emozionare”, ha affermato, evidenziando come l’arte cinematografica debba lasciare spazio all’interpretazione personale dello spettatore.

Collaborazioni significative e il peso della scelta

Il dialogo si è poi spostato sulle sue esperienze con registi come Marco Bellocchio e Abel Ferrara. Mastandrea ha descritto il lavoro con Bellocchio come un’esperienza unica, caratterizzata da un approccio analitico e profondo. “Con Marco, ogni azione sul set è una scoperta”, ha detto, mentre con Ferrara ha trovato un modo di lavorare che lo rigenera, lontano dalla routine. “Oggi è più difficile fare un film con la voglia di farlo”, ha aggiunto, riflettendo sulle sfide del cinema contemporaneo.

Il futuro e i progetti attuali

In chiusura, Mastandrea ha parlato del suo secondo film da regista, Nonostante, presentato al festival di Venezia, e dei suoi progetti futuri, tra cui un nuovo film di Paolo Virzì e il suo ritorno a teatro con lo spettacolo Migliore, scritto da Mattia Torre. Ha concluso con una riflessione sul potere del cinema di stimolare dibattiti e domande, sottolineando l’importanza del lavoro culturale nella società.

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